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Moebius: Empire Rising | Recensione

Moebius Empire Rising è il primo gioco di Jane Jensen (Pinkerton Road) finanziato con KickStarter nonché la prima creatura tutta sua dopo aver collaborato alla realizzazione di Gray Matter e Cognition. Annunciato nell’aprile del 2012, sarebbe dovuto uscire nella prima metà del 2013 ma ha subito una serie di ritardi dovuti – da quanto si è capito – alla scelta di rilasciare l’intero gioco anziché renderlo episodico. L’attesa è finalmente terminata il 15 aprile scorso e da giugno sarà possibile giocarlo coi sottotitoli in italiano, solita esclusiva Zodiac.

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Le aspettative erano molto alte e sono indubbiamente cresciute di rinvio in rinvio, pur sapendo che dal punto di vista squisitamente tecnico non avrebbe certo colpito. Il budget con cui è stato realizzato il gioco è di 400 mila dollari (inclusi gadget e spese di spedizione per i sostenitori), una cifra molto bassa per un’avventura grafica che ha una durata di circa 10 ore.

Pensate che il primo Gabriel Knight costò circa 1 milione di dollari e, cambiando genere, i mille mila glitch del recente titolo tripla A di Ubisoft da 70 milioni sono sotto gli occhi di tutti. Naturalmente ciò non significa dover fare sconti in sede di giudizio. Se la realizzazione tecnica ha delle falle, bisogna tenerne conto e lo facciamo, però ben consci che sono problematiche dovute al budget e non ad altri fattori.

In Moebius non ci sono i continui micro-scatti a creare l’effetto lag visto in Cognition ma le animazioni sono in qualche modo inferiori a quelle già non brillanti di Gray Matter. A dirla tutta, gli stessi fondali non ci sono sembrati all’altezza e non reggono minimamente il paragone con quelli ammirati nei titoli precedenti. Insomma nel complesso si raggiunge appena la sufficienza: non un dramma per un’avventura grafica ma una delusione sì, per quanto siano apprezzabili alcuni sforzi – un po’ vani – fatti per rendere più realistiche le animazioni; ne è un esempio la gestualità marcata di alcuni personaggi.

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Terminata l’analisi della parte meno interessante, passiamo al gioco vero e proprio. Un PDF fumettoso di 10 pagine ci introduce il protagonista, Malachi Rector, famoso e ricercatissimo esperto di antichità dal quoziente intellettivo di 175.

L’antipatia a pelle che ne deriva è però mitigata dalle vulnerabilità di un personaggio assai schivo, fondamentalmente solo, legato agli psicofarmaci per evitare fortissimi attacchi di panico. Per quanto nel corso del gioco conosceremo qualcosa in più su di lui, il suo background non è del tutto approfondito, a volte volutamente (in alcuni punti sarebbero bastate due frasi) come per lasciare spazio ad un sequel. Sensazione che si ripresenterà anche nel finale.

L’avventura ha inizio quando una misteriosa compagnia contatta Malachi proponendogli un incarico assai atipico da svolgere a Venezia: perché un antiquario dovrebbe occuparsi di un omicidio?

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Tra l’alto Q.I. e una profonda conoscenza della storia, lui non è solo in grado di distinguere una replica ben fatta dall’originale ma anche di leggere le persone, in perfetto stile Cal Lightman (Lie to Me), o addirittura riuscire a ricollegarle a personaggi del passato attraverso la ripetizione di eventi in comune che hanno toccato le loro vite e quelle di chi era/è a loro vicino, in una sorta di eterno ritorno dell’uguale. Da qui la teoria che dà il nome al titolo e che farà da filo conduttore per tutta la durata dell’avventura. Ve la proponiamo direttamente dall’interfaccia di gioco:

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Attorno all’analisi, anche storica, ruota tutto il gameplay di Moebius. Dal tracciamento dei profili dei nostri interlocutori all’identificazione di alcuni reperti, tutto passerà attraverso gli indizi raccolti sul campo e le conoscenze del protagonista.

C’è tantissimo da leggere e non capitava da molti anni di avere a che fare con un titolo ludico che sapesse essere informativo. Questo può essere noioso per chi è abituato a divorare i giochi, saltando magari anche i dialoghi, ma sarà apprezzato tantissimo da chi ama godersi le avventure goccia dopo goccia. A noi, che siamo dei vecchietti, è piaciuto leggere questi squarci informativi e provare a ricollegarli al presente sfruttando le infinite conoscenze di Malachi.

Così come ci siamo sentiti dei Patrick Jane (The Mentalist) già dalle prime letture a freddo, probabilmente l’esperienza più interessante e gratificante che Moebius offre.

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E così, un po’ Jane, un po’ Lightman e un po’ Horatio Caine (CSI: Miami; per la postura ingobbita) ci siamo ritrovati risucchiati dentro una trama ben scritta – questa sì degna di Jane – dagli sviluppi imprevedibili che ci porterà a fare tappa in diverse location sparse per il mondo, accompagnati da una colonna sonora degna di menzione per la capacità di aumentare il coinvolgimento del giocatore.

Qualche calo di tensione e un po’ di frustrazione si incontrano solo alla fine, specialmente quando vi troverete ad affrontare un labirinto di caverne assai noiosetto. Quanti hanno giocato Gabriel Knight 2 ricorderanno il sudore versato per spingere Von Glower nella fornace. La rottura di scatole è simile ma molto più semplice nello svolgimento, niente paura :)

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Il finale, come anticipato, è apertissimo e lascia molti punti interrogativi. Apprezzabile il fatto che questo sia degno della storia e non il filmatino da 30 secondi che ormai troviamo in tutti i giochi. Sarebbe stato odioso giocare dieci ore, quasi tutte di fila, per poi avere a che fare con una scenetta breve e insignificante.

La sensazione finale è di aver giocato un bel titolo, non del tutto appagante, ma di cui si ha voglia di conoscere il seguito. Quando un gioco ti fa desiderare il sequel, nonostante i difetti elencati, stiamo parlando sicuramente di un ottimo gioco.

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Nel complesso Moebius è un titolo che, come gli altri due citati, fa affiorare altri scorci della serie di GK che tanto sono piaciuti al pubblico.

In questo caso la cospirazione internazionale ha uno spessore storico-informativo minore rispetto alla serie che ha reso famosa Jane Jensen e difficilmente chi lo gioca andrà ad approfondire le tematiche trattate su Google (dai che la ricerchina su Rennes-le-Château l’avete fatta!) e men che meno sui libri.

Indubbiamente in Moebius ha però fatto ritorno quell’intreccio tra mistero, personaggi ed eventi storici che danno credibilità alla trama e ai protagonisti, come nei migliori romanzi. Il marchio di fabbrica di Jane Jensen.

Conclusioni

Malachi non sarà il personaggio più simpatico e carismatico della storia videoludica ma tra letture a freddo e grandi conoscenze riesce a trasformare in un piccolo genio chiunque lo controlli. L’obiettivo dichiarato era quello di intrattenere il giocatore attraverso una storia solida, duratura, degna di un romanzo, e questo obiettivo è stato centrato. Il comparto tecnico e il prezzo un po’ elevato intaccano parzialmente il risultato.

OK

  • Bellissima colonna sonora
  • Trama profonda ricca di riferimenti storici
  • Enigmi atipici

NO

  • Insistere col 3D continua a dimostrarsi una scelta sbagliata
  • Protagonista poco carismatico

Voto 80/100

Di Recensioni Vere

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