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EDITORIALE MOBILE

Da ottimi smartphone a mediocri camera phone

NB: La lettura del seguente articolo è consigliata a un pubblico over 25 poiché gli under potrebbero non aver ancora sviluppato il quid per comprenderlo.

Quante volte avete letto o sentito questo concetto: “Quando il marketing di uno smartphone punta tutto sulla fotocamera, significa che la parte smartphone vale poco”. Eppure quel marketing ha vinto e oggi il mercato è dominato da camera phone fondamentalmente tutti molto simili. Cosa è successo?

Il cambiamento ebbe inizio 20 anni fa…

Kyocera Visual Phone VP-210

Il primo telefonino con fotocamera fu il Kyocera Visual Phone VP-210, uscito in Giappone (e dove sennò?) nel maggio del 1999. Fotocamera da 0.11 MP. Samsung seguì a ruota, l’anno seguente, rilasciando l’SCH-V200 in Korea del Sud. Fotocamera da 0.35 MP. Oltre il triplo. Partì così la nuova battaglia celolunghista.

Li chiamavamo videofonini

In realtà il primo vero videofonino fu lo Sharp J-SH04, lanciato in Giappone nel novembre del 2000. Il primo ad avere una fotocamera realmente integrata. Mentre la fotocamera dei due modelli citati prima condividevano solo la batteria e la scocca, nello Sharp l’integrazione era anche elettronica. Un camera phone come lo conosciamo oggi.

Perché nascevano le videochiamate

Quelli furono anche gli anni dei bandi per il 3G, la rivoluzionaria tecnologia che avrebbe permesso di sganciarsi dalle connessioni a manovella (GPRS) fino addirittura a permettere le videochiamate. Una funzione che, visti i costi, era utilizzata pochissimo. Però vuoi mettere la remota possibilità di poterla usare?! E così gli spot in TV erano pieni di gente con indosso abiti di terza mano ma la videochiamata sempre in canna. Negli spot ovviamente la qualità dei video sul telefono era 4K prima ancora che il 4K fosse inventato (o pensato).

L’aiuto da casa

L’aspetto fotocamera fu da subito talmente importane da portare i produttori a fabbricare dei moduli esterni per quei telefoni che ne erano sprovvisti (per non sembrare dei citofoni). Quindi sì: anche l’idea degli obiettivi esterni non ha nulla di originale ma è un remake di qualcosa visto quasi 20 anni fa. Resta anche da capire l’utilità di questi costosi modelli commerciati da Sony, Kodak, o il modulo vero e proprio di Lenovo.

E il telefono che fine ha fatto?

Per quanti millisecondi sentite parlare di qualità ricettiva nelle recensioni degli smartphone? E quanti attimi sono dedicati alla qualità dell’audio in chiamata? Chi vi dice più se il telefono ha una segreteria telefonica integrata o se permette o meno la registrazione delle telefonate? Molte feature, per quanto utilissime, si devono scoprire per conto proprio. Gran parte delle recensioni online dedicano grande spazio al focus fotocamera. Nella restante, piccola, parte sono ammucchiate e dette male le reali caratteristiche distintive. In alcuni lidi sono addirittura omesse.

I sistemi operativi sono 2, quindi telefoni tutti uguali

Qualcuno potrebbe averlo pensato leggendo il paragrafo precedente. Ma non è così. Lo sappiamo. Lo sanno quelli che han comprato i cinesazzi. Lo sa chi lotta con gli update di Samsung. Lo dimostrano gli oltre 50 milioni di download del Nova Launcher. Lo testimoniano i possessori di un Sony, che le custom non hanno mai avuto bisogno di usarle. Di IOS non parliamo perché, come ripetiamo spesso (da anni), nessuno di noi ha roba Apple. Quindi di uno smartphone ci sarebbe ancora tanto da dire e tanto di cui parlare, specialmente negli ultimissimi anni (per non dire mesi), in cui tutto sembra perfetto per via dei rallentamenti quasi estinti. Perché ci sono tanti piccoli, ripetitivi, difetti che possono dare noia. Da quel tap in più obbligatorio per cambiare un’opzione, alla gesture che fa cilecca. Da un riquadro video leggermente tagliato per via della risoluzione, al segnale WiFi ballerino.

E poi c’è l’usa e getta made by Google…

Si può dire che le policy di Google abbiano accelerato la rottura di c i tempi con cui sostituiamo gli smartphone. Anche chi è immune alle mode imposte dal marketing non può fare a meno di notare che dopo 2 anni il proprio telefono Android inizia a dare chiari segnali di cedimento. Dal terzo in poi si assiste all’agonia. I tempi possono essere più lunghi con i top di gamma ma Google ha pensato bene a come far terminare prematuramente anche la loro esistenza.

Fine vita 1: requisiti

Google, in maniera totalitaria e insindacabile decide quali debbano essere i requisiti tecnici di uno smartphone per consentire al produttore di aggiornarne il sistema operativo. Penserete che sia un discorso di prestazioni, che facciano bene per non avere telefoni lenti. Niente di più sbagliato. Molti nuovi dispositivi, con a bordo l’ultima versione di Android, non sono lontanamente all’altezza di dispositivi di fascia alta più vecchi, anche di 5 anni. A volte non raggiungono nemmeno quelli di fascia media. E poco possono fare gli stessi produttori. Qualcuno di voi ricorderà quando Sony fu costretta a ritirare la versione beta di “Nougat” da alcuni modelli perché Qualcomm non aveva la minima intenzione di aggiornare i vecchi processori con una feature richiesta da Google.

Fine vita 2: patch di sicurezza

In teoria Google dovrebbe mantenerli per almeno due anni e continuare anche oltre per le criticità maggiori. La realtà è che fa un po’ come gli pare, esattamente come per i requisiti.

E poi c’è il brand che ci mette del suo

Sono sempre di più i marchi che tendono ad abbandonare prematuramente i propri modelli. Alcuni aggiornamenti sono attesi per mesi e mesi, altri non arriveranno mai. Testate e blogger che recensiscono centinaia di smartphone ogni anno non possono tenerne conto, perché non li posseggono, o perché i brand non glielo consentono, e allora quest’altra falla gravissima finisce nell’oblio. Il consumatore, pur sentendosi un po’ fregato, arriva a pensare: sono tutti così. Ed è falso anche questo, perché ci sono quelli che si sbattono. E questi andrebbero premiati. Ad esempio molti smartphone, dopo l’aggiornamento del sistema operativo, si sono trovati senza la possibilità di continuare a registrare le chiamate. Colpa di Android, scrisse qualcuno. Tanto è illegale, sproloquiarono altri. E intanto su tutti gli Asus si è continuato a fare, senza che nessuno lo evidenziasse. Nemmeno il marketing Asus (braverrimi!).

Mollate il marketing e fate le vostre ricerche

Volete dei veri consigli? Cercate le informazioni fuori dal magico cerchio del marketing. Fuori dai canali frequentati, lontano dagli influencer, lì dove il fanboismo bimbominkioso non attacca perché finirebbero divorati vivi. Cercate ciò che vi interessa davvero. Volete info reali sulle prestazioni? Fate domande agli acquirenti verificati su Amazon!
La fotocamera ha un suo peso? Allora usate i vostri occhi, che bisogno avete di sentire il parere di uno youtuber, che per mestiere deve fare l’intrattenitore, o di siti sponsorizzati per i loro benchmark? Osservate gli scatti pubblicati su siti come Flickr e cercate video girati da comuni acquirenti. Insomma: selezionate le esperienze reali, perché quei risultati saranno i più simili ai vostri.

È vero che gli scatti dei top di gamma sono paragonabili a quelli fatti con la reflex?

Sono paragonabili come la Nutella è paragonabile alla me-lma. Sono oltre 6 anni che questa stupidaggine continua a ripetersi. E fino a solo un 2-3 anni fa, gli scatti dei top non erano paragonabili neppure a una compatta di fascia media. Oggi lo sono, paragonabili a una compatta di fascia media, s’intende. I limiti delle dimensioni del sensore e delle lenti sono evidenti. Per questa ragione sono ancora lontani e utopici i tempi in cui lo smartphone arriverà a offrire risultati vicini a quelli di una compatta premium, o addirittura di una full frame. Certo che se il paragone si fa con foto da 20 MP ridimensionata, compressa da un social e vista sullo schermo di un telefono…

Di Recensioni Vere

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